Voglio diventare una... CEO

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  • 2022-07-19 - 5 minuti
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Misurare la qualità del software è un’attività estremamente complessa, ma fondamentale. Ilaria Pigazzini, CEO di Arcan, ci parla dell’idea con cui ha fondato Arcan insieme ai suoi soci e del perché il debito tecnico sia un problema troppo spesso sottovalutato.

Descriviti in 100 parole

Sono Ilaria Pigazzini, co-founder e CEO di Arcan, una startup innovativa che sviluppa una piattaforma per la valutazione della qualità dei sistemi software.

Ho un dottorato di ricerca in informatica e le mie passioni sono leggere libri di ogni tipo (ultimamente mi sto appassionando alla filosofia), guardare film e bere spritz con gli amici. Ho sempre avuto il desiderio di diventare imprenditrice ma alla fine non ho capito bene come sia successo.

Da maggio la startup è parte del “Business Innovation Factory”, il programma di accelerazione di Leonardo che promuove le startup facendole crescere sia dal punto di vista tech che di business.

In cosa consiste il ruolo di CEO?

Essendo CEO di una startup il mio ruolo ha molte sfaccettature e spesso sconfina in altri ruoli.

In questo momento faccio parte del team che vede partecipi i miei soci (Darius Sas, in veste di Product Manager e Davide Fanale, Business Development Manager) e il mio ruolo è portare equilibrio tra il lato tech e business della startup.

Le attività principali che conduco sono parlare con i potenziali clienti e gli investitori, oltre a gestire l’amministrazione della società. Ma essendo una piccola startup sono anche social media manager, contabile, blogger, segretaria e grande scrittrice di slide.

Qual è la soft skill più importante che deve possedere una CEO?

Confesso di non avere una risposta certa a questa domanda perché sono CEO da molto poco e in generale sono nel mondo business da poco.

Nel mio caso specifico, quello che so che mi sta aiutando molto è la capacità di parlare alle persone in modo chiaro, sapendo ispirare fiducia.

La maggior parte di noi utilizza i social per parlare dei propri successi, ma la realtà è che siamo quel che siamo grazie al 90% dei nostri errori. Racconta il tuo più grande fallimento da quando lavori nel settore, che però ti ha reso ciò che sei.

Lavoro da molto poco come CEO di Arcan, e stiamo ancora costruendo tutto. Per ora piccoli successi e nessun grande fallimento.

Posso però riportare uno dei più grandi fallimenti (almeno, secondo la mia percezione) che ho avuto durante il mio percorso scolastico.

In terza superiore mi diedero due debiti formativi, rispettivamente in matematica e fisica.

Non ho mai avuto troppi problemi in ambito scolastico, anzi mi piaceva andare a scuola e non mi sono mai sforzata troppo.

Tutto ciò mi diede la falsa sicurezza di essere infallibile da quel punto di vista.

Per me quei debiti e la realizzazione di poter rischiare la bocciatura agli esami di settembre furono uno schiaffo potente.

Ma come gran parte dei fallimenti, sì, mi ha reso ciò che sono, cioè una persona che sa di poter fallire e che sa che è naturale che possa succedere. Essere stata messa di fronte al fallimento mi ha insegnato a non temerlo. E mi ha anche dato una forte spinta: non ho mai dato più niente per scontato.

Come fare per diventare una CEO?

Io sono diventata CEO perché volevo aprire una mia startup, ma sarò sincera, non ho ancora capito al 100% cosa significhi e se soprattutto io stia andando nella direzione giusta.

Ho seguito un percorso di studi completamente tecnico, ed è solo ultimamente che mi sono interessata al mondo business. Quindi quello che posso dire per esperienza è che serve determinazione e voglia di imparare ad essere CEO, cercando di capire quali sono i nostri limiti nell’affrontare le sfide quotidiane.

Ad esempio ho scoperto di avere profonde lacune per quanto riguarda la capacità di negoziare e sto studiando (e soprattutto allenandomi) per colmarle.

Parlando di successi, qual è il tuo prossimo obiettivo? Quale ruolo vorresti ricoprire entro i prossimi 3 anni?

Il mio prossimo obiettivo per i prossimi tre anni è far crescere la mia startup ottenendo i fondi necessari per farla scalare velocemente.

Mi vedo ancora nel ruolo di CEO in questo percorso.

L’obiettivo più a lungo termine è portare a termine la strategia di exit della società e lavorare a qualcosa di nuovo. Potrà essere una nuova startup oppure un nuovo ruolo nel mondo del venture capital, che da quando ho iniziato a conoscere mi affascina molto.

Ma di questo se ne parlerà probabilmente tra una decina di anni.

Conosci il tema gender gap in ambito STEM? Se sì, come fare per superarlo?

Si lo conosco molto bene perché è un tema che mi sta a cuore. Credo nell’esistenza del gender gap e credo che questo gap si possa colmare a partire dall’educazione di ragazzi e ragazze. In primis, mostrando loro modelli di ispirazione alternativi a quello del maschio bianco in ambiti STEM (vedi ad esempio Samantha Cristoforetti).

Nel mio piccolo qualche anno fa ho fatto un intervento durante un evento del progetto NERD (alias, “Non è roba per donne”) organizzato e promosso dall’Università degli Studi di Milano - Bicocca.

Tale progetto ha l’obiettivo di mostrare alle ragazze della scuola superiore che l’informatica è per tutti.

Fu durante quell’evento che parlai della mia esperienza come studentessa di informatica e della passione che mi aveva spinto a scegliere di frequentare anche il dottorato!

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